Poesie, di Rachel Bluwstein

Rachel Bluwstein-Stela, il cui volto compare sulle banconote e sui francobolli dello Stato ebraico, rappresenta una delle madri fondatrici della tradizione poetica femminile ebraica. Nonostante l’indubbia qualità dei suoi scritti, la sua opera è stata a lungo relegata a un ruolo minoritario, in un panorama letterario prettamente maschile. Nacque nel 1890 a Saratov, nell’Impero russo, la sua educazione scolastica fu fortemente voluta dalla madre, figura di ampio spessore culturale. Si trasferì nella Terra d’Israele in occasione di un viaggio verso l’Italia, durante il quale visitò la Palestina ottomana e se ne innamorò a tal punto da decidere di rimanere, abbracciando la causa sionista.
Soltanto di recente la critica ha saputo restituire alla sua figura la giusta collocazione nel panorama letterario, sottolineando l’intento rivoluzionario della sua scrittura.

“Tutta me stessa ho raccontato, fino alla fine.
Tutte le mie uve – al torchio.
Ora taccio.
Puoi udire il mio silenzio?
Tu, che le mie parole non hai ascoltato!”

Le liriche di Rachel divennero molto note presso il popolo dei lavoratori di Israele, di cui glorificò l’esperienza di costruzione dello Stato e il legame con il suolo dei padri. Tuttavia è la negazione dello sforzo dei padri a segnarne l’ispirazione poetica. In Frutto spontaneo  l’argomento dei versi non è dunque il lavoro, quanto la terra, fonte viva che identifica la sua percezione lirica.

“Non ho arato e nemmeno ho seminato,
nè ho pregato per la pioggia.
E d’un tratto, guarda! Invece dei cardi spinosi
nei miei campi è spuntato grano benedetto dal sole.”

Il titolo originale del testo appena citato, safiah, tratto dalla lingua biblica, designa il prodotto naturale della terra, un dono inatteso e spontaneo come la sua poesia. L’offerta poetica di Rachel mira dunque a  un cambiamento epocale, orientato a fare emergere l’ebreo nuovo, che non celebra la sacralità della fatica quotidiana, volta a far “fiorire il deserto”, come avrebbe sintentizzato David Ben Gurion nel celebre motto, ma onora la patria attraverso i moti del proprio animo.